Prova matematica e prova scientifica

La matematica (dal greco μάθημα (máthema), si traduce con i termini “scienza”, “conoscenza” o “apprendimento”. μαθηματικός (mathematikós) significa “incline ad apprendere.

Il valore di questa è maggiore di quello che col termine matematica di solito si intende oggi. Nei nostri tempi si designa la disciplina, con tutto il corpo di conoscenze, che studia i problemi attinenti con la quantità, estensione e forma e figure nello spazio. Poi studia i movimenti dei corpi, e tutte le strutture che permettono di trattare questi aspetti in modo generale.

L’origine del modo di intendere la matematica sta nel fatto che gli allievi della scuola pitagorica erano anche grandi filosofi, anche se si chiamavano matematici.

Algebra  

Anche se il termine algebra deriva dall’arabo الجبر, al-ǧabr, che significa ‘completamento’, ma anche ‘ricomporre’, era presente anche nei tempi antichi. Essa è una branca della matematica che tratta lo studio di strutture algebriche, relazioni e quantità.

Il libro del matematico persiano Muḥammad ibn Mūsā al-Ḫwārizmī, da cui il nome “algoritmo”, che è un “Compendio sul calcolo per completamento e bilanciamento” Al-kitāb al-ǧabr wa l-muqābala tratta della risoluzione delle equazioni di primo e di secondo grado. Questo dal 700 D.C.

Come abbiamo anticipato prima, ci sono alcune testimonianze su problemi algebrici semplici nell’Antico Egitto, nella Grecia arcaica e nella Mesopotamia, di matematici che fecero uso di proprietà attinenti all’algebra elementare. Le fonti parlano del primo che fa riferimento all’algebra, che è Diofanto D’Alessandria, vissuto nel periodo ellenistico tra il III e IV sec. D.C. Dei tredici volumi da lui scritti il trattato “Arithmetica” ne sono rimasti solo sei.

Il sistema numerico decimale attualmente in uso è quello arabo, i quali numeri nacquero in India, in un periodo imprecisato a partire dal IV sec. A.C.

Lo zero in matematica

Gli indiani sono anche gli scopritori dello “zero”.

Già i babilonesi, intorno al 300 a.C. iniziarono a usare un semplice sistema di numerazione in cui impiegavano due cunei inclinati per marcare uno spazio vuoto. Questo simbolo tuttavia non aveva una vera funzione oltre a quella di segnaposto. Il simbolo dello zero deriva dalla lettera greca omicron che si ritrova sistematicamente nelle tavole di Tolomeo e Giamblico. Essi già lo usavano dal I secolo d.C e il nome per esteso era οὺδἐν (ouden = nulla). Gli indiani appresero poi la sua esistenza quasi certamente dai greci dopo le conquiste di Alessandro Magno che si spinse infatti, fino all’India.

L’uso dello zero come numero in sé è un’introduzione relativamente recente della matematica, che si deve ai matematici indiani, anche se gli antichi popoli mesoamericani arrivarono al concetto di zero indipendentemente. La prima menzione dello zero risale al matematico Jinabhadra Gani, che definisce 224 400 000 000 come “ventidue e quaranta e quattro e otto zeri“, in India nel VI secolo. Poi Brahmagupta nel 628. In India, nel tempio Chaturbhuj, all’interno del Forte di Gwalior, c’è la prima rappresentazione dello zero.

Gli Arabi appresero dagli Indiani il sistema di numerazione posizionale decimale e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo (per questo ancora oggi in Occidente i numeri scritti con questo sistema sono detti numeri arabi). Essi chiamavano lo zero ifr (صفر‎): questo termine significa “vuoto”, ma nelle traduzioni latine veniva indicato con zephirum (per assonanza), cioè zefiro (figura della mitologia greca, personificazione del vento di ponente, che spirava in modo quasi inavvertito).

Sistema matematico

La matematica fa grande uso degli strumenti della logica e sviluppa le proprie conoscenze nel quadro di sistemi ipotetico-deduttivi. Questi a partire da definizioni rigorose e da assiomi riguardanti le proprietà degli oggetti definiti (risultati da un procedimento di astrazione, dalla geometria ai vettori) raggiunge nuove certezze, per mezzo delle dimostrazioni, attorno a proprietà meno intuitive degli oggetti d’indagine, così arriviamo ai teoremi.

Il carattere generale e la forza dei risultati della matematica l’ha fatto considerare la regina delle scienze. Ogni disciplina scientifica o tecnica, dalla fisica all’ingegneria, dall’economia all’informatica, fa uso di strumenti di analisi, di calcolo, di previsione, di modellazione, offerti dalla matematica.

Ora, ci pare sia venuto il momento di affrontare alcune questioni che riguardano l’andare in profondità, qualcosa che è attinente con l’”epistemologia” che oggi è tradotto con “studio critico della scienza” ma in realtà allude alla parola Episteme, che in greco antico ἐπιστήμη vuol dire stare su, stare in piedi come le colonne, sui loro fondamenti sulle loro argomentazioni. Dai primi matematici in poi da Pitagora, Euclide da quelli che erano anche altro come Eratostene, a Fibonacci, Newton, Leibniz, Riemann, Euler, fino Turing e Wiles e tanti altri, l’avventura continua.

Prova matematica e scientifica

La differenza tra prova matematica e scientifica merita di essere approfondita per comprendere il lavoro di ogni matematico. Una dimostrazione matematica parte da assiomi, cioè asserzioni assunte come vere o palesemente vere. E qua già si comprende come tanti matematici erano anche filosofi, perché sicuramente avevano riflettuto su queste asserzioni e sul “vero” con considerazioni anche metafisiche. Ma si occupavano solo degli argomenti logici che passo passo arrivavano a una conclusione. Se l’argomentazione logica era impeccabile e gli assiomi corretti, la conclusione sarà irrefutabile, quello che è il Teorema. Se è vero che il Teorema di Pitagora è esatto 2500 anni dopo è altrettanto vero in quello che chiamiamo “vita” è difficile, se non impossibile, attuare dei teoremi e c’è sempre spazio per il mistero. Ancora oggi l’uomo è un’incognita, ma non divaghiamo.

Le dimostrazioni matematiche che seguono il metodo appena descritto, restano vere fino alla fine dei tempi, sono assolute. Sicuramente la prova scientifica è la sorella minore.

Approssimazione

Ricordiamo che Popper ci ha insegnato che la scienza è sempre sotto osservazione, mai è conclusiva. Scientificamente dunque si avanza un’ipotesi per spiegare un fenomeno fisico, chimico, biologico ecc, l’ipotesi deve anche prevedere gli esiti di altri fenomeni. Se le osservazioni accordano con l’ipotesi otteniamo indizi a suo favore. Se gli indizi sono tanti, si aumentano con esperimenti,  per verificare il potere di previsione dell’ipotesi ed essa si rivela ancora valida, allora raccogliamo ancora indizi a favore. Quando gli indizi sono in un numero preponderante allora abbiamo una Teoria, che può essere sempre superata, per quello si chiama teoria. Andiamo a vedere perché? Una teoria scientifica non può essere dimostrata con lo stesso grado di assoluta certezza con con cui si dimostra un teorema matematico, essa è solo altamente probabile in base alle osservazioni e agli indizi. Questo anche se i processi di astrazione matematica già si possono considerare una “riduzione della realtà”, anche se i processi di astrazione aumentano, come aumenta la consapevolezza. Anche le osservazioni, le percezioni e i fenomeni su cui si basa la prova scientifica, sono fallibili dunque permettono solo di offrire un’approssimazione della realtà.

«Anche se può sembrare un paradosso, tutte la scienze esatte sono dominate dall’idea di approssimazione» – Bertrand Russell

Le prove scientifiche, anche quelle più accettate, recano con sé qualche elemento di dubbio. A volte il dubbio si affievolisce, a volte la prova si dimostra sbagliata. Questa debolezza della teoria scientifica porta a capovolgimenti, ecco che avvengono rivoluzioni scientifiche, e teorie considerate prima corrette, possono essere sostituite con raffinamenti delle vecchie oppure con vere negazioni. Come si è visto nello studio dell’atomo i fisici mutano continuamente la loro immagine dell’universo. Dunque, la prova scientifica è precaria, mentre quella matematica è indubitabile, non si affida a esperimenti fallibili, ma è basata su una logica rigorosa. Successivamente lo vedremo con il problema della scacchiera mutilata.